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Miracolo di Natale

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Maria Winowska (la scrittrice che fu amica di Giovanni Paolo II) ha pubblicato questo racconto vero, narratole da un parroco ungherese.

 

«Chiunque potrebbe prendermi per pazzo o per un esaltato - le disse Padre Norbert - se non ci fossero trentadue scolaretti a testimoniare la verità dell'accaduto.

Nella mia parrocchia in Ungheria, un piccolo paese di 1500 anime, da dove poi mi scacciarono, successe una volta un fatto strano.

La maestra elementare, signorina Gertrud, era una militante atea. Tutte le sue lezioni erano imperniate sul tentativo di eliminare Dio dalla vita di quei bambini, per farne dei giovani atei. Ogni occasione era buona per sminuire la nostra santa religione, deriderla e screditarla. I bambini intimiditi non osavano difendersi.

Nella IV/a c'era Angela di dieci anni. Era molto intelligente e capace, ma le sue compagne non la invidiavano perché aveva un cuore d'oro ed era sempre pronta ad aiutarle. Angela sapeva impeccabilmente tutto ciò che la maestra le chiedeva. Però la maestra riversava su di lei la sua cattiva luna e la maltrattava in ogni modo. La bambina sopportava tutto pazientemente, però divenne visibilmente sofferente.

Da novembre le lezioni divennero sempre più un duello tra la maestra e la scolara. Apparentemente trionfava la prima ed aveva sempre l'ultima parola.

Poco prima di Natale, esattamente il 17 dicembre, la signorina Gertrud escogitò un piano crudele che, come lei pensava, avrebbe eliminato la fede inutile che impestava la sua scuola. Il fatto merita di essere raccontato in tutti i suoi particolari. Angela fu involontariamente coinvolta in un gioco di domande e risposte.

"Che cosa fai se i tuoi genitori ti chiamano?"

"Vado." rispose la ragazzina timidamente sottovoce.

"Molto bene. Ti senti chiamare e vai subito, come fa una brava bambina. Che cosa succede se i tuoi genitori chiamano lo spazzacamino?"

"Viene." rispose Angela.

Il suo cuore batteva in fretta, si aspettava un tranello, però non immaginava di che genere. La signorina Gertrud continuava con le sue domande.

"I suoi occhi brillavano come quelli di un gatto che gioca con il topo. Guardava in maniera così cattiva, così cattiva!" mi raccontò una delle piccole testimoni.

"Bene, mia piccola. Lo spazzacamino viene perché c'è, perché è vivo. Tu vieni perché sei viva. Però, per esempio, i tuoi genitori chiamano la nonna che è morta. Verrà?"

"No, non credo."

"Brava. E se chiamano Barbablù? Oppure Cappuccetto Rosso? Oppure Pollicino? Ti piacciono le fiabe, no? Allora, cosa succederà?"

"Non verrà nessuno, perché sono fiabe." Angela sollevò il suo sguardo limpido, però lo riabbassò subito. "I suoi occhi mi avevano fatto male." mi confidò più tardi.

"Molto bene," gongolò la maestra "mi sembra che oggi tu riesca a pensare più chiaramente. Dunque, bambini, vedete che qualsiasi vivente che esiste, viene se lo si chiama. E chi non viene quando è chiamato, o non esiste oppure non è più vivo. È chiaro, vero? E adesso supponiamo di chiamare Gesù Bambino. C'è ancora qualcuno di voi che crede in Gesù Bambino?"

Per un attimo tutto tace. Poi alcune voci timide dicono: "Sì, sì."

"E tu Angela, credi che Gesù Bambino ti senta se lo chiami?"

Angela con grande slancio rispose: "Certo, credo che mi senta."

"Molto bene, adesso facciamo un tentativo. Se Gesù Bambino c'è, se voi lo chiamate, entrerà. Chiamate dunque tutti insieme molto forte: 'Vieni, Gesù Bambino!'"

I bambini abbassarono la testa e in un silenzio di tomba si sentì una risata satanica.

"E qui vi volevo. Questa è la mia prova. Non avete il coraggio di chiamarlo, perché non esiste, come Pollicino, Barbablù... perché sono semplicemente delle favole, storie per vecchietti seduti di fronte al camino, storie che nessuno prende seriamente perché non sono vere."

I bambini tacevano. Angela saltò in mezzo alla classe, i suoi occhi lanciavano scintille.

"Noi lo vogliamo chiamare! Tutti insieme diciamo: 'Vieni, Gesù Bambino!'"

Tutta la classe si alzò. Con le mani giunte, sguardi invocanti e cuori gonfi di una smisurata fede, gridarono: "Vieni, Gesù Bambino!"

La maestra involontariamente fece due, tre passi indietro. Era come un grido che avrebbe potuto far crollare i muri, come più tardi mi spiegò un bambino.

"Io gridavo, però non mi aspettavo niente di particolare." mi disse Gisela.

E invece accadde. Lo racconterò con le stesse parole dei bambini. Li ho interrogati uno per uno. Alcune loro frasi mi sono rimaste impresse indelebilmente.

La porta si aprì silenziosamente. Videro che una forte luce si concentrava in essa. Questa luce cresceva, cresceva, poi divenne un globo di fuoco. Ebbero improvvisamente paura, però tutto accadde così in fretta che non ebbero nemmeno il tempo di gridare. Il globo si aprì e dentro apparve un bambino, splendido come non ne avevano mai visto. Il bambino sorrideva loro senza dire una parola. La sua infinita presenza era una infinita dolcezza. Non avevano più paura, c'era solo gioia.

Durò... un momento? Un quarto d'ora? Un'ora? Le opinioni a questo punto stranamente erano diverse. Certo è che l'accaduto non superò un'ora di lezione. Il bambino era vestito di bianco e sembrava un piccolo sole. La luce proveniva da lui stesso. La luce del giorno sembrava scura al confronto. Alcune delle ragazzine rimasero come accecate e faceva loro male agli occhi. Altre poterono guardarlo senza conseguenze. Non diceva niente, sorrideva soltanto. Poi scomparve nel globo di luce, che si dissolse. La porta si richiuse dolcemente da sola.

Piene di emozione, il cuore ricolmo di gioia, le ragazzine non potevano pronunciare parola. Un grido acuto ruppe il silenzio. Quasi impazzita e con gli occhi che le uscivano dalle orbite, la maestra gridò:

"È venuto, è venuto!"

Poi scappò sbattendo la porta dietro di sé. Ad Angela sembrava di svegliarsi da un sogno. Disse semplicemente:

"Avete visto, Gesù Bambino esiste. E adesso ringraziamo."

Tutti si inginocchiarono commossi e recitarono un Padre Nostro, un'Ave Maria e un Gloria.

La cosa si sparse molto in fretta. Io interrogai i bambini singolarmente. Posso testimoniare sotto giuramento di non aver trovato nei loro racconti la benché minima contraddizione. E ciò che mi ha più sorpreso è che l'avvenimento non sembrò loro niente di straordinario.

"Avevamo bisogno di aiuto." mi raccontò una delle ragazzine. "Gesù Bambino doveva venire ad aiutarci."

La maestra, scioccata, fu ricoverata in manicomio, dove continuò a gridare:

"È venuto, è venuto!"»

 

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